COVID-19 - PaoloBellavite14

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COVID-19

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Novità editoriale

Paolo Bellavite e Serafino Fazio

 
TERAPIA PRECOCE SINERGICA DELLA COVID-19
 
Basi farmacologiche e osservazioni cliniche

 
Edizioni Libreria Cortina (Verona)

E-mail: libreriacortina@tin.it
 

202 pagine, 22 Euro
 
Sintesi
 
Il sistema sanitario si è trovato, all’inizio, impreparato ad affrontare la terapia della nuova malattia da coronavirus, soprattutto per ciò che concerne l’assistenza domiciliare. In assenza di studi clinici controllati, molti medici hanno tentato vie nuove di cura, utilizzando vari tipi di farmaci antinfiammatori, antibiotici, eparina, vitamine ed integratori.
Il libro riferisce l’origine e gli sviluppi di un approccio terapeutico alla COVID-19 in fase precoce, adottato a partire dall’autunno del 2020 dal gruppo del prof. Serafino Fazio, coadiuvato da quello del prof. Paolo Bellavite.
Si tratta di un’impresa medico-scientifica originale e straordinaria, qui descritta con le sue basi farmacologiche e i primi risultati clinici. Il razionale terapeutico parte da una trattazione, sintetica ma precisa, dell’interazione tra il virus SARS-CoV-2 e l’organismo umano, per arrivare alla proposta di utilizzare simultaneamente sostanze ad azione antinfiammatoria, antivirale e antiossidante.
Indometacina, aspirina in piccole dosi, esperidina, quercetina, vitamina C e omeprazolo costituiscono il “nucleo fondamentale” di una terapia combinata e sinergica, già descritta dagli Autori in studi osservazionali rigorosi, pubblicati su riviste internazionali e confrontati con la letteratura scientifica corrente.
Il volume, dotato di 487 voci bibliografiche, è impreziosito dalla Prefazione del prof. Marco Cosentino, Ordinario di Farmacologia.
 
Indice
 
1. Introduzione
 
1.1. Premessa   
 
1.2. Linee-guida o libertà terapeutica?   
 
1.3. L’origine della multi-terapia sinergica
 
2. Il virus e il controllo dell’infezione    
 
2.1. Schema generale dell’infezione       
 
2.2. La Spike      
 
2.3. Inibizione dell’infezione da parte di polifenoli          
 
3. La replicazione dei virus         
 
3.1. Indometacina come antivirale          
 
3.2. Effetti antivirali dei flavonoidi          
 
4. Virus e stress ossidativo        
 
4.1. Patologia cellulare  
 
4.2. Polifenoli: antiossidanti e induttori enzimatici          
 
4.3. Vitamina C
 
4.4. Perché “no” al paracetamolo           
 
5. Quando l’infiammazione è controproducente            
 
5.1. I mediatori
 
5.2. Importanza del sistema renina-angiotensina            
 
5.3. Gli antinfiammatori
 
5.4. Flavonoidi come modulatori dell’infiammazione
 
5.5. Le barriere orali e intestinali
 
6. Sicurezza
 
6.1. Flavonoidi
 
6.2. Antinfiammatori
 
6.3. Interazioni
 
7. Lo studio clinico
 
7.1. Metodi       
 
7.2. Risultati
 
7.3. Aggiornamenti
 
7.4. Discussione
 
7.5. Conclusioni e prospettive
 
Bibliografia
Prefazione (prof. Marco Cosentino)
 
Dopo quasi tre anni di una pandemia che molteplici fonti concordemente indicano aver interessato fin qui oltre 600 milioni di persone in tutto il mondo, con oltre 6 milioni di morti e più di 18 milioni di casi attivi in questo momento, è quanto meno singolare che non esista ancora oggi, novembre 2022, un orientamento condiviso sul trattamento di COVID-19, la malattia conseguente all’infezione con SARS-CoV-2.
 
Il tema delle cure, e in particolare delle possibili farmacoterapie, ha fin dal principio sollevato accese controversie, fin da quando – all’inizio del 2020, in pieno lockdown per sfuggire a una malattia definita “letale e incurabile” – i malati venivano isolati a casa per essere seguiti telefonicamente (nelle situazioni migliori e comunque con grande fatica) e, in caso di peggioramento, in ospedale dove troppe volte si interrompevano i contatti con famigliari e amici, talora in maniera tragicamente definitiva.
 
In quella situazione estremamente confusa e concitata, la prima reazione delle istituzioni e delle autorità sanitarie italiane fu di puntare a contenere la diffusione del SARS-CoV-2 attraverso misure quali il distanziamento sociale, l'isolamento e i test virologici dei pazienti, il tracciamento e la quarantena dei contatti asintomatici. Sorprendentemente, le autopsie su soggetti deceduti per COVID-19 vennero scoraggiate, una scelta quanto meno singolare di fronte a una malattia nuova, la conoscenza della cui fisiopatologia sarebbe stata di incommensurabile valore per identificarne le cure migliori. Furono proprio le prime evidenze autoptiche, condotte anche in alcuni ospedali italiani malgrado le enormi difficoltà, a descrivere finalmente con chiarezza le lesioni infiammatorie polmonari tipiche delle forme gravi di COVID-19, il danno alveolare diffuso e le frequenti ed estese coagulopatie, che rappresentarono la prima preziosissima base razionale per l'uso precoce di farmaci antinfiammatori, antipiastrinici e anticoagulanti.
 
Nel frattempo, tanti medici, determinati a non tradire le responsabilità imposte dall’etica e dalla deontologia peculiari della professione, iniziarono a prendersi cura dei malati propri e spesso anche altrui, quando questi ultimi perdevano il contatto con il proprio medico e con i servizi sanitari in crisi per la gestione emergenziale. Studiando e documentandosi anche sulla base di approcci utilizzati in precedenti epidemie dovute virus simili, aderendo a reti collaborative nazionali e internazionali dove presto iniziarono a essere condivise informazioni provenienti da ogni parte del pianeta, anche basandosi sui primi dati di biologia cellulare e molecolare del virus che suggerivano vari possibili bersagli terapeutici, primo fra tutti la proteina virale S e il suo legame con il recettore-enzima ACE2. Questi medici – spesso insieme ad altri professionisti sanitari e con la collaborazione e il sostegno del tutto volontari e disinteressati di persone desiderose di fornire il proprio aiuto – hanno rapidamente accumulato preziose esperienze di cura con farmaci di impiego consolidato e spesso anche con vitamine e integratori alimentari, utili a contrastare le manifestazioni di COVID-19 fin dalle prime fasi.
 
Se da un lato è innegabile che – specie nelle prime fasi della pandemia – diversi di questi farmaci furono impiegati sulla base di evidenze preliminari e non certo della migliore qualità, è almeno altrettanto innegabile che si tratta di farmaci per cui esiste una consolidata esperienza e caratterizzati da un profilo di tollerabilità eccellente. Il medico d’altra parte ha il dovere, sancito anche dal Codice di deontologia medica, di operare scelte terapeutiche nel migliore interesse del proprio paziente, anche ove esse implichino l’impiego di farmaci al di fuori delle indicazioni formalmente autorizzate, a condizione che l’impego si fondi su dati di efficacia e tollerabilità scientificamente documentati, previo consenso informato del paziente e ovviamente assumendosene la piena responsabilità.
 
Questo volume, scritto da due di quei medici che mai sono venuti meno all’impegno di cura nei confronti di ogni paziente, raccoglie alcune delle più significative esperienze acquisite “sul campo”, inquadrate con sapiente precisione e puntualità entro una documentata e approfondita cornice di fisiopatologia e farmacologia, sperimentale e clinica. Nessun medico può dirsi non interessato alla sua lettura, in una prospettiva di condivisione e confronto di approcci utili a condurci a definire la migliore gestione di COVID-19. Le sue complesse caratteristiche e il suo decorso estremamente variabile, fortunatamente benigno nella maggior parte dei casi, ma imprevedibilmente aggressivo in una minoranza di individui difficilmente identificabili a priori, richiede una cura fatta di presenza assidua e soprattutto di costante individualizzazione del trattamento, che non può non essere almeno altrettanto complesso quanto la malattia stessa.
 
Questa intrinseca complessità di malattia e cura è indubbiamente anche alla base della difficoltà legata allo sviluppo e alla validazione di nuove farmacoterapie per COVID-19. Non è un caso se a oggi EMA abbia autorizzato per COVID-19 soltanto una manciata di farmaci, tra i quali spiccano per efficacia alcuni immunomodulanti/immunosoppressori già impiegati per altre indicazioni e riposizionati per COVID-19, mentre i più nuovi monoclonali e antivirali, pur “licenziati”, rimangono di collocazione incerta nell’armamentario terapeutico.
 
Non è possibile infine evitare di fare un cenno alle controversie di natura politica che hanno afflitto e in misura indubbiamente sensibile anche ostacolato una corretta applicazione dei vari approcci farmacoterapeutici di volta in volta identificati per COVID-19. Il “negazionismo” spesso incomprensibilmente aggressivo e malevolo indirizzato alle cure di COVID-19, specie se tempestive e orientate a curare il più presto possibile evitando complicanze anche gravi, è stato e tuttora è dannoso per i singoli malati così come per la tenuta di un sistema ospedaliero. Quest’ultimo – ridimensionato e impoverito da decenni di tagli agli investimenti in sanità e personale – dovrebbe tuttavia nell’idea di alcuni farsi da solo carico di un’emergenza rappresentata da una malattia che trova collocazione ospedaliera solo nelle fasi più gravi e avanzate, di regola evitabili con un’appropriata gestione sul territorio.
 
Negare l’esistenza di cure oggi ha peraltro ricadute non solo dirette su COVID-19, bensì anche generali rispetto alla gestione complessiva della crisi. Basti pensare ai dati epidemiologici sull’efficacia dei vaccini COVID-19, sfornati settimanalmente in forma di tabelle aggregate dove paiono esistere solo vaccinati e non vaccinati, ognuno dei quali ha di fronte un destino apparentemente immodificabile fatto di positività, ospedalizzazione e decesso, e null’altro. Tutti uguali: una sola tabella a condensare e annichilire l’eterogeneità di venti diversi sistemi sanitari regionali, di centinaia di presidi ospedalieri ognuno diversamente organizzato, di migliaia di medici e sanitari. E soprattutto di decine di migliaia di pazienti. Davvero in qualsiasi regione italiana si hanno le stesse probabilità di guarire o aggravarsi? Davvero fino a che non si arriva in ospedale non si ricevono cure? Oppure le cure corrette e tempestive fanno la differenza rispetto al ricovero? E poi, davvero in qualsiasi ospedale si è curati allo stesso modo? Oppure, come è probabile, le cure – ancora una volta – fanno la differenza tra la guarigione e l’aggravamento? Tra la guarigione a casa e il ricovero? Davvero tutti gli ospedali e tutte le farmacie hanno a disposizione gli stessi farmaci e gli stessi presidi, in quantità adeguate e sufficienti ai fabbisogni? Oppure ci sono regioni e ospedali che hanno risultati migliori? Medici e sanitari che grazie alla loro esperienza utilizzano al meglio gli strumenti disponibili? Infinite domande, troppe che ancora attendono una risposta, specie se consideriamo quanto tempo sia trascorso dall’inizio di questa congiuntura.
 
Questo libro rappresenta dunque anche un importante contributo per formulare le risposte mancanti, sulla base della migliore evidenza, con l’auspicio che sia d’aiuto ai tanti medici e sanitari che quotidianamente si prendono cura dei malati di COVID-19 ma che attragga anche l’interesse dei decisori politici, i quali in tal modo disporranno di una delle prospettive più importanti su cui fondare i propri orientamenti: quella di chi ha unito la preparazione clinica all’esperienza sul campo attraverso il rigore proprio della ricerca scientifica.
 
Varese, 12 novembre 2022
 
 
Marco Cosentino
 Medico Chirurgo, Dottore di ricerca in Farmacologia e Tossicologia
 Professore ordinario di Farmacologia
 nella Scuola di Medicina dell’Università dell’Insubria
 
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